Strumenti per la didattica

Proposte didattiche e materiali per affiancare i giovani studenti nel loro percorso di apprendimento.

Un valido aiuto per i genitori e i tutor ... 

e uno strumento da consigliare da parte dei docenti.

Prova tu con i miei Tabù

Un gioco a squadre, un gioco di ruolo

Un gioco per insegnare e sperimentare come agiscono le neurodiversità

Sono quotidianamente impegnata nel guidare e sostenere i giovani con disturbi dell’apprendimento nello studio della matematica e dal 2020 mi reco nelle scuole per sensibilizzare docenti e studenti sui problemi che questi giovani incontrano nella vita di tutti i giorni, sia a scuola che in altri ambiti. Ho creato un gioco per avvicinarmi allo scopo in modo più immediato. 

Il gioco da me ideato si ispira a grandi linee al ben noto "Taboo" che tutti abbiamo conosciuto in gioventù ma che diventa in questa occasione anche un gioco di ruolo in cui i giocatori recitano e agiscono simulando di presentare uno o più disturbi di apprendimento.


Il gioco è diviso nelle seguenti fasi:



Una semplice descrizione dei disturbi dell’apprendimento: gli  aspetti principali con cui si manifestano i DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), il DANV (Disturbo dell’Apprendimento Non Verbale, conosciuto anche come Disturbo Visuo Spaziale), e l'ADHD (Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività)



Distribuzione e lettura delle "regole", schede che riportano istruzioni e che spiegano non soltanto le modalità con cui indovinare l’oggetto illustrato sulla carta ma anche come gestire le indicazioni date per la simulazione dei disturbi di apprendimento. 

La dinamica di scambio delle carte, la divisione in squadre e anche il ruolo del moderatore, sono da interpretare con una specifica chiave di lettura con cui aprire lo sguardo alle dinamiche che si osservano nel mondo reale quando alcuni individui manifestano disturbi dell’apprendimento.



Ormai è noto come i disturbi dell’apprendimento incidano in specifici ambiti lasciando il quoziente intellettivo intatto ma sovente non libero di esprimersi.

La fase di gioco riesce a coinvolgere i partecipanti facendo loro sperimentare in prima persona le conseguenze della propria diversità, del sentire addosso gli sguardi degli altri partecipanti, di non riuscire a portare a termine il gioco pur sapendo come fare. 

L’impedimento nel movimento, l’ostacolo nel linguaggio, l’impossibilità di esprimere liberamente i propri pensieri sono ciò che provano nel quotidiano le persone con neurodiversità e un'intelligenza nella norma.



Compilazione di un questionario che risulta essere una traccia per una discussione immediata e riflessioni di cui prendere nota per un confronto successivo.



Mal di tabelline? 

No grazie!

Le tabelline sono uno strumento di calcolo.

Ma anche molto altro!



Le tabelline sono uno strumento indispensabile per la comprensione di argomenti di matematica e geometria che verranno affrontati successivamente. 

…e molto altro ancora…


Per questi motivi vanno studiate senza tentennamenti. 

Anche i bambini che non riescono ad impararle e che le sbaglieranno per sempre devono studiarle.

Senza frustrazione, senza riportare la mancata memorizzazione nella sfera dell'autostima.

Conoscerne il funzionamento è necessario e la loro "dinamica" può essere compresa solamente con l'uso quotidiano

Dirottare sulla calcolatrice è un passo necessario quando il risultato numerico corretto è utile alla risoluzione di un problema o di un'espressione. 

Ma quando il risultato della tabellina è fine a se stesso bisogna mettere la calcolatrice in un cassetto e fare da sé, ben consapevoli che il lavoro di studio in quel momento è molto più ampio.


Come studiare le tabelline a casa senza soffrire troppo?



Come fare in classe con le gare di tabelline?

L'interrogazione sulle tabelline è quanto di più noioso si possa pensare di fare, sia in forma scritta che orale.

Eppure una forma di verifica è indispensabile: chi studierebbe le tabelline per puro piacere se non ci fosse la necessità di riportare ciò che si è appreso in sede di verifica?

Molti docenti fanno leva sull'entusiasmo dei bambini per il gioco.  Ebbene sì,  molti bambini trovano divertente gareggiare con le tabelline e vincere. E studiano per arrivare primi. E più vincono e più studiano.

Per contro quelli che hanno difficoltà ad imparare si defilano dalle gare e,  se costretti a partecipare  non si sforzano nemmeno un po' per stare al passo e immancabilmente perdono.  Non provano più a studiare.  Diventa una tortura.


Come fare per conciliare il desiderio di primeggiare di alcuni con il bisogno di sentirsi al riparo da frustrazioni di altri?

Semplicemente non mettendo in conflitto le due necessità: si possono fare gare di tabelline ponendo diversi ruoli a seconda delle attitudini. 

Vi sono vari ruoli da assegnare:

…e tutti partecipano alla gara di tabelline.

Magari con un po' di gioia…che non guasta mai!



Cosa deve fare il tutor per sostenere lo studio delle tabelline?


Mal di Tabelline 1


Ho preso a carico un bimbo che era in quarta elementare.  Non sapeva contare. Non sapeva calcolare.

Avevano detto "discalculico".

Croce sopra…

Non sapeva le tabelline. Non le aveva mai studiate (avevano detto che, in quanto discalculico, era dispensato dall'uso delle tabelline… aveva capito di essere dispensato dall'impararle e quindi non ci aveva mai provato) ovvio che non le sapesse.

Abbiamo iniziato a studiarle insieme a memoria e la memoria a lungo termine funzionava per un certo periodo, non molto, ma quel tanto che bastava per progredire.

Ha impiegato più tempo ad accettare che poteva provare a studiarle, che a studiare!


Non sapeva fare le somme ma  le moltiplicazioni erano sempre giuste.

Non sapeva fare la sottrazione ma la divisione non aveva segreti.


Ha imparato ad usare la calcolatrice, bisogna imparare ad usare bene ogni strumento a disposizione ma solo quando serve. Molto spesso le moltiplicazioni le fa a mente perchè impiega meno tempo e fa meno fatica…anche se ogni tanto glielo devo ricordare…


È passato il tempo,  i calcoli sono cambiati, i numeri sono più semplici, ha vissuto di rendita per un po' senza ripassare…ma la memoria quando è fragile non perdona e le sta dimenticando un po'.

Le ripasseremo nuovamente, a fine lezione, mentre aspetta che la mamma lo venga a prendere.

Basta trovare la voglia di insistere, ancora una volta.



Mal di Tabelline 2


Ho un bimbo con ADHD, fatica a concentrarsi e ha una memoria di lavoro fragile. Questo implica che, durante lo svolgimento di un calcolo, il processo debba essere sostenuto in modo da poter giungere alla fine senza interruzioni.

Tenere a mente i numeri non è cosa semplice.

Anche le tabelline sono un problema da sempre. Non le ha imparate perchè le dimenticava velocemente. Ad un certo punto ha smesso di provarci.

Abbiamo iniziato a lavorare con la tavola pitagorica e moltiplicazioni e divisioni sono diventate gestibili.

Ma guardare continuamente la tavola pitagorica distoglie l'attenzione dal procedimento di calcolo.


Gli ho proposto di ripassare le tabelline. 

Ha avuto una crisi di pianto. Senza lacrime. Non dico che fosse un capriccio, era ansia e paura di misurarsi con una nuova sconfitta, qualcosa che lo avrebbe fatto sentire diverso dai compagni.

Ma come un capriccio l'ho trattato senza dargli troppo peso.

Gli ho dato in cambio la fiducia, o lui l'ha data a me. Gli ho detto che molti dei miei studenti sbagliano. Gli ho spiegato che studiare le tabelline, anche sbagliando il risultato,  permette di capire in futuro le basi della fattorizzazione e molto altro ancora. 

Gli ho spiegato che esercitare la memoria,  anche quella più fragile, anzi soprattutto quella più fragile, è indispensabile. 


Lo spingo durante le mie lezioni a ritrovare le tabelline nella sua memoria,  abbiamo molti paracadute: la tavola pitagorica,  la calcolatrice. Ma soprattutto la mia presenza e costanza che restituisce a lui un messaggio semplice: "ce la puoi fare!

E non ha più paura di provarci!



Mal di Tabelline 3


Ho una bimba che deve fare gare di tabelline

Non vince mai. Le hanno detto almeno di provarci e lei spara numeri a caso senza pensare, soltanto per dimostrare che si impegna. 

Il suo silenzio non era visto bene. È stato frainteso. La lentezza nel recuperare i fatti numerici non è stata capita e ha bloccato l'apprendimento. 


Abbiamo lavorato con vari strumenti per imparare 2×3 e 2×4.

Dopo un paio di settimane abbiamo potuto aggiungere 2×8 e 3×4.

Poi altre due e poi ancora un paio.


Nel frattempo abbiamo imparato a conoscerci ma soprattutto lei ha imparato che può imparare per poi dimenticare ma per poter imparare nuovamente. 

Nel frattempo ha imparato a gestire la tavola pitagorica,  con velocità e precisione. 

Nel frattempo abbiamo preso gusto a registrare brevi video per mostrare ai genitori i progressi. 

Nel frattempo quando lei recita la parte della studentessa che sa le tabelline ripete perfettamente quelle tabelline…le stesse che non riusciva ad impare.

Le dimenticherà ma le imparerà ancora una volta e ricorderà che può imparare…non deve fare gare ma può capire come gestire un argomento ostile.



Vi presento uno strumento che potrà esservi utile per il ripasso delle TABELLINE.

Ascoltate insieme ai vostri figli i vari video, e se volete guardate la foto: si tratta della pagina relativa alle tabelline che potete trovare su "Sassolini per contare " edito da Voglino Editrice.


La regola del tre

Le regole se sono regole possono adattarsi?

Ne avevo una per suonare il pianoforte, tanti anni fa. Studiavo una battuta, la provavo sui tasti. Una prima volta,  una seconda e una terza.  Se in queste tre volte compariva un errore o anche solo una sbavatura ricominciavo da capo I'esercizio e a contare fino a 3. 

Se invece tutto filava liscio proseguivo con una nuova battuta.

Ho applicato questa regola con i miei studenti per vedere se funzionava: si affronta un argomento e al termine dello studio li metto alla prova 3 volte. Se non sbagliano possiamo andare avanti. L'argomento è capito. 

Se c'è un errore si ricomincia dal principio con lo studio e anche a contare fino a 3. 

Alcuni dei miei bimbi però hanno voluto verificare che la regola funzioni un po' prima, non hanno tempo da perdere...e le 3 volte non sono più solo una conferma di ciò che si è appreso ma una guida per imparare a studiare. 

Leggono una prima volta, non capiscono tanto bene, ma non c'è frustrazione perchè sanno di avere ancora due tentativi a disposizione...è la regola!

Rileggono una seconda volta e iniziano a inquadrare bene le difficoltà.  

Alla terza volta molto spesso sono pronti per affrontare l'esercizio di verifica, sempre per 3 volte. 

Ho visto questa regola funzionare in un altro modo ancora, dentro di me

Spiego un argomento la prima volta non aspettandomi che venga appreso ma solo intuito.  La seconda volta lo rispiego confidando nel fatto che ne verrà almeno ricordata l'esistenza.  La terza volta accade che durante la spiegazione le mie parole si intreccino con quelle dello studente.

Se non succede vuol dire che le tre volte sono servite a qualcos'altro,  anche solo a scoprire insieme come studiare un nuovo argomento. 

Quindi sì, questa regola,  che è una regola speciale, funziona anche quando si adatta alle situazioni e agli studenti. 

Perché la regola del 3 è un metodo che insegna la pazienza di apprendere e anche quella di spiegare. 


Contare con le dita

non soltanto addizioni e sottrazioni ma anche moltiplicazioni e divisioni

Ho avuto con me una bimba di quarta elementare che non sapeva fare somme e sottrazioni a mente.

Contava, non calcolava.

Riusciva ad eseguire le operazioni in colonna perché eseguiva con le dita ogni calcolo del procedimento, contando.


Solitamente cerco di recuperare la capacità di calcolare a mente spiegando ciò che per la maggior parte dei bambini è istintivo: una strategia per evitare di contare e per ridurre al minimo il tempo di risoluzione

Ci si basa su fatti numerici che si apprendono con il tempo, si impara a visualizzare gli amici del 10 e così via fino ad avere un "trucchetto" per ogni calcolo.


Ma capita qualche volta che non si riesca proprio ad apprendere nessuna scorciatoia e allora il contare diventa l'unica soluzione. 

E si conta con le dita.

Fortuna vuole che ciò che noi usiamo abitualmente sia un sistema numerico decimale. 

Addizioni e sottrazioni sono fattibili, seppure con fatica e lentezza.


Ma con le dita delle mani possiamo anche calcolare e non soltanto contare

Le mani sono utili anche per le divisioni e prima ancora vanno usate per le moltiplicazioni

In che modo?

Imparando a ripetere le tabelline in fila (tre, sei, nove,  dodici…) alzando per ogni numero un dito di una mano (pollice, indice, medio, anulare, mignolo) e poi dell'altra.

Questa modalità sarà utile per la divisione. 

In quale modo?

Dovendo calcolare ad esempio 15 : 3 ripeteremo la tabellina del 3 con le dita fino ad arrivare con la voce al numero 15. Mentre diremo "quindici" individueremo cinque dita sulla mano. Questo sarà il risultato della divisione. 

Un calcolo vero e proprio con il supporto dei fatti numerici e delle dita.

Immagine tratta da Sassolini per contare 

Gli Amici del 10

Immagine tratta da Sassolini per contare 

I fatti numerici sono ciò che utilizziamo quotidianamente per difenderci dalla fatica del "contare", non sono altro che una strategia di calcolo per assecondare l'esigenza di abbreviare i tempi di esecuzione dei calcoli che apprendiamo durante il percorso scolastico. 

Per i ragazzi con disturbi di apprendimento la possibilità di individuare personali tecniche di calcolo è talvolta limitata.

In questi casi i docenti,  i tutor, i genitori  possono illustrare i passaggi necessari alla risoluzione delle consegne.


Io, nel percorso di apprendimento della matematica nei giovanissimi, utilizzo gli amici del 10, coppie di numeri la cui somma è 10


Potete trovare una descrizione dettagliata nel libro "Sassolini per contare", in cui associo a ciascun numero un colore ben definito, appropriatamente ricercato per favorire la memorizzazione delle coppie.


Ma, una volta memorizzati gli amici del 10, in che modo queste coppie di numeri possono aiutare nel calcolo a mente che viene richiesto successivamente?

Il metodo è fondamentale. 

Io utilizzo una sequenza di tipologie di calcolo che passo dopo passo sostengono le funzioni esecutive, in particolare la memoria di lavoro, e che quindi permettono l'esecuzione anche di calcoli complessi  che per molti bambini con disturbi di apprendimento risultano all'inizio apparentemente impossibili.

Resta ben inteso che questi bambini faranno sempre fatica nel calcolo a mente, questo aspetto non cambia. 

L'esercizio costante li aiuterà nell'apprendimento della tecnica di calcolo ma non li porterà a rinunciare agli strumenti compensativi.

 

Imparare a gestire un calcolo a mente con gli amici del 10 è un passo importante e non trascurabile per l'apprendimento della matematica che si presenterà loro negli anni di scuola successivi.

È una sorta di allenamento della parte istintiva che i bambini con disturbi dell’apprendimento non sviluppano in altro modo.


Il primo calcolo con l'intervento degli amici del 10 che affronto è l'addizione tra due numeri, sole unità, la cui somma risulti maggiore di 10, per esempio 7 + 4.


Sdoppiando un addendo formo una coppia di amici e creo così la decina senza troppa fatica.

Anche voi istintivamente calcolate in questo modo?

Dati superflui

... e dati mancanti


Questo dialogo è avvenuto veramente tra me e un bimbo della scuola elementare. 


A quell'età devono individuare i dati utili eliminando quelli superflui

Il mio allievo ha ritenuto non solo che non ci fossero dati inutili ma che ce ne fossero di mancanti.


Per un bambino non è la stessa cosa ricevere un regalo grande o uno piccolo, mangiare una fetta di torta grande o piccola. C’è una sostanziale differenza che non può essere trascurata da parte sua nemmeno quando si tratta di rappresentare una situazione da risolvere con una semplice operazione di calcolo.

Fa fatica a staccarsi dalla realtà,  ad astrarre il problema, anche se a noi proprio quel problema sembra essere una situazione reale. 


Per questi ragazzi è necessario apprendere per piccoli passi il linguaggio utilizzato nel testo e lo schema con cui rappresentare i dati. Devono “accettare” che si tratti di una rappresentazione della realtà, concordata con altre persone, e non più della loro realtà soggettiva.


Come fare?

Ciò che per loro non è istintivo deve essere costruito con cura dedicando il giusto tempo alla lettura del testo, alla sua comprensione e all'analisi dei dati, un passaggio fondamentale che troppo spesso viene dato per scontato.

Quindi, prima di pianificare la risoluzione di un problema, dobbiamo accertarci che il testo sia stato compreso leggendo insieme ad alta voce, commentando, e che i dati siano stati interpretati e riportati correttamente nella parte dello svolgimento che precede lo schema risolutivo.